-L’epiteto della
giumenta-
Mancavano
pochi minuti all'inizio del turno, Henry non en aveva voglia; aveva passato un
fine settimana da ricordare e ora come ora non aveva voglia d’andare a
lavorare, aveva pensato di inventarsi qualche scusa banale per saltare ma ormai
dopo quasi vent'anni di carriera aveva bruciato tutte le scuse plausibili e
non, sua madre era morta quindici volte, i suoi noni una trentina, suo figlio
si era ammalato di qualsiasi infezione reale e non, sua moglie aveva partorito
tipo venti volte, il bello è che non aveva ne una moglie ne tanto meno un
figlio a quanto ne sapeva lui, tracannò in un solo sorso il rimanete della
birra ormai quasi calda, prese il suo elmetto giallo canarino e si alzo dal
posto che occupava da un bel po’ dal bancone del bar dove era abituato a farsi
qualche bicchiere prima d’andare a lavorare, barcollò verso l’uscita.
Il
vento gelido lo picchiò pesantemente in faccia, doveva pisciare, ma doveva
trovare un angolino appartato per dare sfogo al suo impellente bisogno fisico,
il vicolo dietro al bar faceva al caso suo, estrasse l’arnese e un potente
getto d’urina che tendeva all'arancione s’infranse sul muro di mattoni a vista,
muro che stava proprio al lato dell’uscita del bar, si ricompose e mestamente
andò a lavorare… non ne aveva proprio voglia d’andarci!
Fin
dalla sua nascita non aveva conosciuto nient’altro!
Era
nato e cresciuto in pochi metri, una specie di gabbia, non aveva mai conosciuto
sua madre e non era mai riuscito a tettare il latte dalle sue mammelle, appena
nato gli avevano infilato una cosa in gola e via ad ingrassare come se niente
fosse, aveva si e no due mesi e già pesava come uno che ne aveva due anni o
tre, era enorme, gigantesco, aveva saltato l’infanzia e la pubertà ed era
entrato in pochi giorni nell’età adulta, non piangeva mai, mangiava sempre,
mangiava continuamente, un ventiquattro ore su ventiquattro di cibo imposto,
non poteva rifiutarsi.
Non
sapeva neanche di che sesso era, non aveva digitali ne altro, era una perfetta
macchina trangugia cibo e basta, il resto non è mai contato.
La
sirena del turno stava suonando, Henry entrò barcollando sul suo posto di
lavoro, questo turno era il più pesante e il più schifoso, odiava alla follia
quel turno, nuovamente la vescica si fece sentire e prima di timbrare il
cartellino si fiondò nei bagni pubblici per i dipendenti, quando uscì il turno
era incominciato da un paio di secondi, si vesti con la “tuta” d’ordinanza e
incominciò il suo lavoro!
Venne
trascinato a forza, anche perché le gambe non gli rispondevano più, non poteva
muoversi, fu pungolato e picchiato, si mosse verso uno stretto corridoio di
lamiera, camminava a fatica anche perché nessuna madre o padre che dir si
voglia gli aveva mai insegnato cosa e come camminare, si muoveva lentamente
nonostante la corrente elettrica e i calci, camminava perché non poteva far
altro!
Sarà
stato l’alcol ingollato in maniera spasmodica, sarà stato qualsiasi altra cosa,
Henry non riusciva a spiegarselo, quando lo fissò negli occhi, non vide altro
che amore e umanità, lui o lei lo guardava dritto nelle palle degli occhi, la
sparachiodi era ancora nelle sue mani, lo riguardò ancora e ancora, posò la
sparachiodi!
Credeva
d’essere cieco o cieca che dir si voglia, alzava il viso e fissava nel vuoto,
ombre indistinte si frastagliavano davanti a lui o lei, guardava, poi un rumore
pesante di lamiere, uno scatto, un urlo seguito da un altro urlo, confusione e
lì ha capito cosa doveva fare!
Non
poteva farlo, non era umano, probabilmente il giorno dopo si sarebbe pentito ma
lì, quella sera, quella specifica e assurda sera non poteva star zitto e
chiudere gli occhi, aprì il cancello con un calcio, lo prese e lo fece correre,
corsero per un bel po’, nessuno gli stava inseguendo, a nessuno importava,
corsero e corsero ancora fino alla casa di Henry, aveva perso nuovamente un
lavoro, l’ultimo vent’anni prima ma per lo meno aveva salvato una vita!
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