-Campari con
bianco-
Non
è mai bello prendersi una tranvata sui denti, anzi diciamo che nessuno vorrebbe
prendersela, poi ci sono tranvate e tranvate, la tranvata che si è preso in
piena faccia non riguardava l’amore o i problemi finanziari ma altro… la
salute, non era malato di qualcosa d’incurabile, di un male oscuro e cattivo ma
doveva seguire una dieta e uno stile di vita molto rigoroso, doveva in poche
parole essere integerrimo nei suoi confronti, doveva fare palestra, prendere
tutti i medicinali e seguire una dieta rigorosa ed estremamente rigida, doveva
fare tutte le analisi almeno un paio di volte al mese; il fatto è che lui non
seguiva nessuna di queste regole!
Il
brutto di quando ti diagnostica una malattia, e si parla di una malattia qualsiasi,
la primissima cosa che un essere umano fa è cadere in una profonda depressione,
e tutti sanno che è così, il brutto nel cadere in depressione è che il cervello
va in pappa e si cerca qualsiasi cosa per farla passare, lui aveva scelto la
cosa sbagliata, credeva di non aver bisogno di uno psicologo, incominciò a
bere, ma non a bere fino ad un certo punto (ovvero quando il proprio fisico ti
dice: “Basta ora smettila!”!), lui continuava, si sentiva felice nell'ingollarsi tutto ciò che aveva una parvenza d’alcolico e continuava fino a che non perdeva
i sensi e alla mattina ricominciava il solito tram tram alcolico.
Il
destino con lui non fu clemente, dopo la diagnosi e il suo embrione di problema
d’alcol li cadde sulla testa un’altra tegola bella pesante, era sposato e aveva
pure un figlio, non fu alcol a farseli lasciare scappare ma una strada di
provincia buia e bagnata che fece sbandare la macchina dove sua moglie e suo
figlio persero la vita per una banale sbandata, se non fosse una tragedia, ci
sarebbe da ridere perché la moglie e il figlio stavano andando a prendere un
regalo per lui poiché a breve avrebbe compito gli anni, quarantanni’anni, la sua
famiglia pensava di farli un orologio d’oro con una dedica e l’unico orafo che
era disposto a farglielo era in un paesino poco lontano dalla sua città.
Se
prima l’embrione dell’alcolismo era giustappunto un embrione al funerale della
sua famiglia esplose e crebbe e diventò un vero problema, non pianse quel
giorno, non versò nessunissima lacrima quando le due bare calarono nella fredda
terra, niente di niente, era ubriaco non si accorse quasi di nulla ma è poi che
vennero fuori i vari sensi di colpa e la tristezza, se prima soffriva di
depressione dopo il funerale la sua depressione diventò qualcosa di più forte,
qualcosa di inimmaginabile e tutto crollò come un castello di carte in mezzo
alla tempesta!
Non
si riprese più, non volle farlo, il dolore fisico che provavo veniva
amplificato dal suo stato mentale e in queste condizioni non poteva non
rivolgersi alla sua cara vecchia bottiglia, non aveva più limiti, beveva sempre
ogni minimo secondo in cui era sveglio beveva e se prima faceva un minimo di
cernita su cosa bere ora beveva tutto, qualsiasi cosa, finì in T.S.O. un paio
di volte e ne uscì più incazzato col mondo, fu dichiarato incapace di intendere
e di volere a causa dell’abuso d’alcol, non era più lui, sinceramente parlando
non voleva neanche lui essere più lui, voleva semplicemente dimenticare tutto,
dimenticare ogni singola cosa e il vivere in un perenne stato d’ebrezza lo
aiutava (o almeno così pensava, anche perché più beveva e più la depressione
diventava forte e più lui ricordava tutto, quasi lucidamente!), il fatto è che
se una persona vive in questo stato capita che fa una cazzata e lui la fece!
Successe
tutto in un attimo, un secondo di lucida follia, un secondo buono a distruggere
tutto, uno sprovveduto che non lo conosceva (nella sua zona dove abitava o
vegetava che dir si voglia tutti lo conoscevano e tutti sapevano che era meglio
stargli lontano il più possibile!) fece una battuta di troppo, commise un
errore fatale visto che si ritrovò con il cranio fracassato da una bottiglia di
vino da quattro litri, il delirante fatto fu che lui non se ne andò ma continuò
ad offendere lo sprovveduto per minuti e minuti fino a quando una volante della
polizia lo prese (con fatica e con qualche ferito!) e lo portò in carcere, le
accuse erano pesanti, omicidio, un’accusa da cui non se ne esce mai bene.
Finì
in carcere, non poteva bere in carcere, il suo dolore continuò a tormentarlo
giorno e notte e le sue urla di notte echeggiavano per tutto il penitenziario, non
riusciva a tenere lontani i suoi fantasmi, le sue colpe e il suo lancinante
dolore, urlava e urlava; urlava talmente tanto che fu trasferito in isolamento
e anche qui urlava giorno e notte, non rimase molto in carcere, fu trasferito
in un centro psichiatrico per farsi curare e per scontare ciò che li rimaneva
della sua pena.
L’ospedale
era bello e luminoso ma lui non riusciva ad ambientarsi, dopo il carcere non
riusciva più a camminare e i tremori convulsivi non si placavano mai, mai un
secondo di requie, stava tutto il giorno a letto strafatto di antidolorifici,
dormiva tanto, troppo, dormiva sempre e dormì fino alla fine della sua pena, lo
stato che lo aveva rinchiuso decretò che ormai poteva ritornare alla vita
normale, fu dimesso con ciò che aveva addosso al momento dell’arresto, una
maglietta lurida e incrostata di vomito, un paio di jeans che avevano visto
tempi migliori e una giacca anch'esse di jeans di una taglia inferiore alla sua
corporatura, fu rilasciato dopo anni e lui fu spaventato e sconvolto dalla
libertà appena riottenuta.
Ricominciò
a bere anche più di prima, facendo così credeva che i suoi fantasmi e il suo
lancinante dolore lo potessero lasciare in pace, per un breve periodo fu così,
nessun fantasma ne dolori apparvero all'orizzonte, nonostante non si sentisse
gagliardo continuava a vivere la sua vita, una vita fatta da quartini e da
bottiglie, una vita che nonostante tutto gli piaceva, amava stare in un oblio
alcolico, lo adorava quasi, ma (e c’è sempre un ma!) una vita così non può
durare molto, la sua vita durò anche troppo per come conduceva la sua vita, aveva sessantanni quando ritrovarono il suo
corpo maciullato da un treno provinciale, tutte le perizie e tutti i vari test
della scientifica sono concordi nel dichiarare che l’alcol nel suo corpo
superava di gran lunga la sopportazione fisica dell’alcol, nessuno saprà mai se
si suicidò o se era talmente ubriaco da non sentire il treno che pose la parola
fine alla sua vita, l’unica cosa che si sa di certo è che non ha mai bevuto il
Campari col bianco e non per scelta ma perché li dava acidità di stomaco.
Nessun commento:
Posta un commento